Il lavoro in acqua per lo sportivo: una grande opportunità. Tra vecchi luoghi comuni e nuove prospettive

15/03/2012
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Dr.Piero Benelli
Docente Facoltà Scienze Motorie Università di Urbino “Carlo Bo”
Medico Squadra Nazionale Italiana Maschile Pallavolo
Medico Scavolini Siviglia Basket Pesaro


Introduzione
Dall’individuazione delle grandi potenzialità del lavoro in acqua per lo sportivo, aldilà di obsoleti luoghi comuni, vengono sottolineate le possibili opzioni e le varie possibilità di diversificazione e modulazione dei programmi di allenamento, riabilitazione e prevenzione per l’atleta attraverso attività e proposte specifiche in acqua, utilizzando modalità di lavoro e attrezzature sempre più mirate

La proposta di attività in acqua a scopo riabilitativo, preventivo e allenante è ormai pratica comune nella gestione di programmi di lavoro dello sportivo. La possibilità di sfruttare le caratteristiche dell’ambiente acquatico (scarico gravitazionale, con diminuizione del carico meccanico, resistenza del mezzo che incrementa l’impegno muscolare, spinte idrostatiche,  vortici e turbolenze) rendono l’ambiente acquatico particolarmente utile per alcune necessità dello sportivo. Inoltre, la grande possibilità di diversificazione del carico di lavoro, data dalle diverse variabili su cui agire (profondità, posizione del corpo, temperatura, attrezzature, vasche, flussi e correnti) fanno sì che il lavoro in acqua sia proponibile in varie situazioni e con diverse finalità, a seconda delle esigenze di tecnico e atleta. Sono ormai codificate esercitazioni in acqua con lo scopo di stimolare varie capacità (mobilità articolare, rinforzo muscolare, propriocettività, capacità metaboliche, core-stability, elasticità, controllo neuromotorio, coordinazione), da inserire in protocolli specifici a seconda delle esigenze dell’atleta.
Nonostante tutto ciò, permangono ancora luoghi comuni, anche nell’alto livello prestativo, che fanno sì che la potenzialità del lavoro in acqua sia sminuita e non sfruttata completamente; proviamo a “sfatarli” in maniera puntuale e definitiva:
•“in acqua è tutto più facile e leggero”: è vero che il nostro corpo lavora con importante diminuizione del carico articolare, ma è anche vero che i gruppi muscolari coinvolti nel movimento in acqua devono spesso vincere resistenze superiori a quelle a secco
•“solo nelle prime fasi della riabilitazione”: ormai, nei protocolli più consolidati di riabilitazione, il lavoro in acqua viene utilizzato nelle diverse fasi della riabilitazione( intermedie, riatletizzazione), con attrezzature ed esercitazioni differenti e con un diverso inserimento nel programma generale di lavoro
•“solo a determinate temperature”: anche la variazione di temperatura è modulabile in base alle esigenze specifiche, producendo effetti fisiologici diversi; negli atleti, che spesso devono effettuare protocolli dinamici, è a volte utile lavorare a temperature non elevate
“il lavoro in acqua è di scarico e rilassamento”: abbiamo già evidenziato le diverse finalità delle proposte di lavoro in acqua, per cui queste sono solo una delle tante opzioni proponibili per lo sportivo
•“il lavoro in acqua è isocinetico”: questa affermazione, riferita al tipo di contrazione muscolare, è limitativa: è vero che in acqua è riproponibile la contrazione isocinetica (particolarmente utile nelle fasi riabilitative, e possibile a secco solo con macchinari ingombranti e costosi), ma sono anche ovviamente possibili esercitazioni di tipo isotonico, isometrico, eccentrico
•“si comincia sempre con l’acqua alta per poi passare a profondità minori”: non sempre vero, dipende anche qui dalle finalità e dalle fasi di lavoro; in genere si sfruttano, in una seduta e/o in un protocollo, diverse profondità.
In conclusione, il lavoro in acqua è estremamente stimolante e versatile, con una grande possibilità di proposte e di opzioni, e quindi con una concreta possibilità di inserimento in programmi di lavoro per lo sportivo; occorre però avere conoscenza delle caratteristiche dell’elemento acqua ed esperienza della specificità del movimento in acqua dal punto di vista fisiologico e biomeccanico (si tratta comunque di un ambiente aspecifico e quindi diverso rispetto a quello terrestre) per poterne sfruttare completamente tutte le potenzialità.

Le prospettive di sviluppo passano da:
- Incremento della ricerca scientifica finalizzata (abbiamo sempre più lavori di riferimento che studiano e danno informazioni utili per comprendere le caratteristiche del lavoro in acqua, i diversi adattamenti fisiologici e biomeccanici del nostro organismo e dei vari gruppi muscolari a seconda della tipologia di esercizio e dell’intensità di lavoro, la quantificazione del carico di lavoro nell’ambiente acquatico, etc.)
- Studio e utilizzo di nuove attrezzature (le aziende leader del settore propongono attrezzature sempre più specifiche e finalizzate per esercitazioni e tipologie di lavoro)
-    Verifica “sul campo” di protocolli ed esercitazioni (il lavoro e l’esperienza degli operatori, e la valutazione delle sensazioni e delle indicazioni degli atleti che si sottopongono ai vari stimoli, sono fondamentali per costruire programmi di lavoro adeguati e individualizzati)
In conclusione, ci permettiamo di fornire alcune raccomandazioni:
Per i tecnici e i preparatori:
-   Essere consapevoli della grande duttilità dell’ambiente acqua per proposte di attività per l’atleta
- Considerare il lavoro in acqua un’opzione proponibile in qualsiasi momento della preparazione e dell’allenamento
-   Conoscere e utilizzare nuove e vecchie attrezzature a seconda delle esigenze
-   Essere creativi ma concreti nelle proposte
-   Individualizzare le esercitazioni a seconda del comportamento in acqua dei singoli atleti
Per gli atleti:
-   Considerare il lavoro in acqua una opzione di lavoro al pari di altre in palestra
-   Essere consapevoli che il lavoro in acqua può essere finalizzato allo sviluppo di diverse capacità
-   Provare i diversi attrezzi e costruire un feed-back con gli operatori
-   Lavorare sulla propria “acquaticità”
-   Imparare a utilizzare il lavoro in acqua in diversi momenti e situazioni

L'articolo riprende un intervento dell'autore pubblicato sull'ultimo numero di  "Happy Aquatics "
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